SAN SALVI. Voci da una città dimenticata

SAN SALVI

voci da una città dimenticata

Percorso didattico

sulla storia del manicomio fiorentino e per la lotta allo stigma

Premessa

L’area di San Salvi con i suoi 300 000 metri quadri di superficie rappresenta una vera e propria cittadella, non soltanto per le sue dimensioni, quanto piuttosto per la sua unicità come contenitore di storie e memorie, in buona parte ignorate dal contesto esterno, prima perché separate e poi perché sconosciute o dimenticate.

L’Ospedale Psichiatrico “Vincenzo Chiarugi” nasce alla fine del ‘800 dal progetto del celebre architetto Giacomo Roster, realizzato in collaborazione con il Dott. Augusto Tamburini, che cercò di rispondere alle nuove tendenze in campo psichiatrico con la creazione della tipica forma a villaggio che ancora oggi la caratterizza. Non un carcere dunque, né un lager, ma qualcosa che, nella sua lunga vita fino al 1978, dovette assomigliargli molto, una sorta di ghetto dove la vita scorreva quasi in autonomia rispetto al quotidiano pulsare della città, ma dove violenza e segregazione erano comunque all’ordine del giorno. Nel 1978 la legge 180 (Legge Basaglia) liberò i “matti”, mettendo fine ad una segregazione che era diventata ormai, secondo le moderne teorie psichiatriche, obsoleta e dannosa. Una “fine” che però ebbe bisogno di numerosi anni prima di poter definitivamente relegare al passato le sue vicende e chiudere definitivamente i battenti nel 1998. Oggi, grazie a numerose associazioni e interventi pubblici, gli spazi di San Salvi sono aperti alla cittadinanza la quale ha modo di conoscere meglio i suoi spazi e la sua storia. Nonostante i progetti di ristrutturazione e i numerosi lavori di sensibilizzazione e coltivazione della memoria, non esiste ancora un tentativo di valorizzare le voci e le storie dei testimoni e dei protagonisti che vissero nei suoi spazi e che segnarono la sua storia recente.

Come sostiene l’antropologo Pietro Clemente, «San Salvi è come Auschwitz, occorre patrimonializzarlo come spazio per ricordare ai giovani, alle scuole, ai liberi testimoni del nostro tempo come nacquero nel nostro mondo insieme i diritti e la loro negazione come il “nome dell’altro” continui a turbare e richiamare desideri di proscrizione».

La presente proposta progettuale si innesta su questa scia e sull’idea che la storia locale di un luogo tanto significativo possa rappresentare uno stimolo alla comprensione della malattia mentale e contribuendo al Programma internazionale per la lotta allo stigma e alla discriminazione per schizofrenia (International Programme to Fight the Stigma and Discrimination because of Schizophrenia- www.openthedoors.com).

Obbiettivi generali

  • Aderire e sostenere il programma mondiale di “Lotta allo Stigma”(www.openthedoors.com) nei confronti di persone sofferenti di un disturbo mentale inserendosi nel programma Local Action Groups.

  • Promuovere la conoscenza della storia degli ospedali psichiatrici tra la cittadinanza e le nuove generazioni

  • Sensibilizzare la società civile nei confronti delle persone sofferenti di un disturbo mentale

Obbiettivi specifici

  • Promuovere la conoscenza della storia degli ospedali psichiatrici tra la cittadinanza e le nuove generazioni

  • Sensibilizzare la società civile e le nuove generazioni nei confronti delle persone sofferenti di un disturbo mentale

  • Aderire e sostenere il programma mondiale di “Lotta allo Stigma”(www.openthedoors.com) nei confronti di persone sofferenti di un disturbo mentale inserendosi nel programma Local Action Groups

  • Raccontare il passaggio critico della chiusura degli ospedali psichiatrici avvenuta con la Legge 180 del 1978

  • Valorizzare le memorie e le voci dei protagonisti della storia dell’Ospedale Psichiatrico

Destinatari diretti: alunni e insegnanti delle scuole secondarie superiori del Comune di Firenze

Il progetto in breve

Durante il 2013, la nostra associazione ha realizzato il documentario COL NOME DEL DELIRIO con il quale ha voluto salvaguardare le testimonianze dirette di numerose persone che per un motivo o per l’altro hanno avuto a che fare con lo spazio e la storia di San Salvi dagli anni ’60 alla chiusura definitiva del 1998.

La presente proposta progettuale intende offrire alle nuove generazioni un percorso di riflessione sulla malattia mentale attraverso la scoperta e l’analisi della storia del manicomio di Firenze. A partire dal lavoro di ricerca svolto da Simone Malavolti e da Bianca Pananti per la realizzazione del documentario, si intende proporre alle scuole fiorentine un percorso didattico interattivo imperniato su due diverse metodologie: l’una, quella storica, l’altra quella psicologica. Le due specificità professionali saranno integrate in una conduzione unica dei laboratori secondo tecniche di partecipazione e coinvolgimento non frontale degli alunni.

Gli incontri, di una durata di 2 ore, saranno così strutturati:

1) CHI ERA IL FOLLE? COS’ERA IL MANICOMIO?

    • Brainstorming sulla follia e sul manicomio

    • Cenni storici sul Manicomio di Firenze

    • Proiezione della prima parte del COL NOME DEL DELIRIO

    • Dibattito

2) San Salvi: STORIA DI UN CAMBIAMENTO

– Introduzione: Cenni storici sulle fasi del cambiamento

– Proiezione della seconda parte del COL NOME DEL DELIRIO

– Dibattito sulla legge 180

3) CHIUSI I MANICOMI E I MATTI?

    • Proiezione terza e ultima parte del COL NOME DEL DELIRIO

    • dibattito sulla follia

    • la situazione attuale

    • la lotta allo stigma

Costi: Gli incontri saranno condotti dagli autori, la psicologa Bianca Pananti e lo storico Simone Malavolti, e avranno una durata di 2 ore ciascuno per un costo totale di € 300 per l’intero percorso didattico

E’ possibile, inoltre, aggiungere una visita guidata a San Salvi con un costo supplementare di € 80.